• Esizialesimo,  Umani Casi

    Inverosillabi

    Il sole di tardo ottobre non riscalda come vorrei. Sono seduto su una panchina e di buon umore, caso raro di questi tempi.

    Mo stiv buon! No poco di cafè, a nonna?

     

    No, grazie nonna. Non mi far perdere il filo.
    Anche perché il protagonista di Grazie Nonna! è Giusva Fioravanti, che si stancò di fare l’attore da commedie sexy e decise di diventare un terrorista neofascista ritenuto responsabile della Strage di Bologna (85 morti) e di altri 8 omicidi. Definito dalla sua compagna, Francesca Mambro, anche lei terrorista neofascista, ritenuta responsabile della strage di Bologna e di altri 11 omicidi, come “L’uomo più sensibile che io abbia mai incontrato”….gli Offlaga Disco Pax ci hanno anche fatto un pezzo su sta cosa.

    Ma io stavo parlando di un’altra cosa! Lo vedi, nonna che mi distrai!

    Ma che vuò? Sei tu che inventi
    ciò che dico man mano che lo scrivi!
    Sei una persona veramente disturbata, lo sai?
    Dovresti parlare con qualcuno!

    E basta co sta storia! Sto molto bene.

    Sai che ti dico?

    Pippo Baudo.

    Pippo Baudo: rattuso dal 1936
    Pippo Baudo: rattuso dal 1936

    Perché Pippo Baudo? Perché vaffanculo! Ecco perché.

    Dicevo.

    No, nonna! “Dicevo” lo devo dire io, senò il lettore si confonde!

    Maronn a che nipote cacacazz.
    Jamm’ ja, dici “Dicevo
    che sta digressione
    si sta facendo troppo lunga.

    DICEVO.

    Brav. Pure sottolineato! Sei uno forte, tu!

    Sono su una panchina, guardo il mare. Il grecale soffia forte e ci scompiglia i capelli. Linda raccoglie i suoi e ne fa un coda, poggiata sulla sua spalla destra, lasciando scoperto il suo bellissimo collo. Lo guardo e mi viene duro come a Matteo Salvini quando ha saputo degli attentati di Parigi.

  • Esizialesimo

    Matte Kudasai

    E così la stagione delle streghe era durata una manciata di giorni convulsi. La sigaretta appoggiata sul piano getta qualche sbuffo di cenere sulla mia giacca. Roba economica, acquistata per l’occasione. Mai sentito a mio agio con una giacca indosso. Velleità di ribellione, direbbe qualcuno. C’è sempre qualcuno che sa cosa dire. Le mie mani seguono il ritmo nella mia testa, lento e cadenzato. Scivolano e fluttuano lentamente, come onde di un mare tranquillo. La pioggia batte creando rivoli sul vetro della finestra. Tutto intorno a me è avvolto da un morbido silenzio, il temporale ed i suoni della città giungono come ovattati alle mie spalle. Le gambe dei tavolini deserti affondano nella moquette bruciacchiata e i bicchieri scintillano nella semioscurità alla luce dei fari delle auto filtrata dalla finestra.


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    Warm beer and cold women, I just don’t fit in every joint I stumbled into tonight

     

     

    Mantengo la linea di basso con la sinistra. Allungo la destra per versarmi dello scotch. Lagavulin. Affumicato. Invecchiato di sedici anni. Roba costosa, acquistata per l’occasione. Sempre sentito a mio agio con uno scotch costoso in corpo. Un sorso per bruciare le ambizioni. Un altro per la tristezza. Il resto per puro piacere. Questione di priorità. Ma c’erano delle onde. E dei sandali nella sabbia. Lunghi capelli su una schiena nuda. Troppi. Non ci si può mai fidare, di troppi capelli. Le onde continuano a scorrere. Un sorriso. Un ghigno, più che altro. Altro Lagavulin. Il fumo della sigaretta continua a danzare per me. Qualcosa lo smuove. I pensieri, probabilmente. I pensieri sono una porta che si schiude e lascia entrare il freddo. E nel freddo si muovono le ombre, sinuose, che danzano e sfuggono negli angoli degli occhi, scure e inafferrabili. Una carta rotola sulla moquette, sospinta da un vento impercettibile, fino a sbattere contro un piede del pianoforte. Abbasso lo sguardo per osservarla. Raffigura un uomo baffuto a cavallo che porta in mano un piccolo sole. Occhi che mi fissano, alla luce di una candela. La sposto con il piede, la lascio rotolare via. Il bagliore smosso dallo smuoversi dei pensieri riflette parole sperate e non dette.

     

     

    Sono colata tra le crepe del soffitto come la pioggia d’aprile. Ti ho punterellato le guance. Un bacio. Saliva. Una lacrima. Il mio collo. Il tuo cuore che batte. I tuoi occhi da cane bastonato.
    E’ ora di rivestirmi. Ora di andare. Mi trattieni. Mi tiri a te di nuovo. No. Non stavolta. Sono un fantasma.

     

    Quanti capelli che hai, non si riesce a contare. Sposta la bottiglia e lasciamo guardare.
    Quanti capelli che hai, non si riesce a contare. Sposta la bottiglia e lasciami guardare.

    Vorrei ciò che mi spetta. Troppo vento, la tempesta che arriva. La pioggia scroscia. Un’auto in corsa bagna con violenza la finestra. Il ritmo nella mia testa accelera ancora e le mie mani lo seguono. Sorrido. Una collina. Il vento mi sferza la faccia, la pioggia mi punterella, una sensazione già provata. Mi viene da ridere, mi mordo le labbra, cercando di non perdere il ritmo. Non posso permettermelo. Il pezzo deve continuare. C’è ancora Lagavulin. C’è ancora tempesta. La stessa che vidi la prima volta che la guardai negli occhi. Rifugiati nella penombra dei tavolini gli spettri del mio passato osservano con un ghigno. Accompagnano annuendo il mio vagare sugli 88 tasti. Questo non è un jazz, è un esorcismo. Le note ci cullano. Cullano noi, ombre delle nostre emozioni. Non bisogna temerli, i fantasmi. Bisogna imparare a nasconderli per bene sotto il letto. Accarezzarli in segreto quando nessuno più guarda. Pensieri che strangolano il cuore, allo stesso modo di un bicchiere vuoto. Sono bravo a tenere la linea di basso con la sinistra. Di necessità virtù, dicono. C’è sempre qualcuno con un modo di dire appropriato. La bottiglia è sempre più leggera, così come i miei polsi. Forse un tiro dalla sigaretta, prima che si spenga, potrei anche farlo. Occhi che mi fissano, nel riverbero delle candele. Voci, di quelle che ti svegliano all’improvviso la notte. Un ronzio. Le figure, all’interno di un quadro sulla parete, sembrano muoversi. Uomini che corrono su un fondo verde. Scosto lo sguardo altrove, cerco degli occhi. Altra cenere cade, spinta via dal vento dei pensieri come pulviscolo lunare.

     

    E’ ora di andare. C’è polvere su quel quadro. C’è polvere su noi due. Questa casa cade a pezzi, come cado a pezzi io. Attraverserò quelle pareti e scomparirò, questa volta. Siamo solo spettri. Ombre di ciò che eravamo. Come gli amanti di Hiroshima. Impressi per sempre sui muri bianchi dalle fiamme. Ma tutto ciò che c’era di reale ormai è disintegrato. Polvere. Come quella su noi due. Addio.

    Lo spettro dai lunghi capelli si solleva dal tavolino. I suoi denti da piranha brillano nella luce lunare. I suoi occhi di tempesta gelano le mie mani. Il mio esorcismo si interrompe, mentre lentamente lei si avvicina a me. Mi accarezza il collo prima di uscire nella pioggia. La porta si chiude con un sospiro. Provo a tenere la linea di basso con la sinistra. Le mie falangi colpiscono una superficie piana. I tasti sono scomparsi. Mi allungo verso il Lagavulin. Al tatto noto che la bottiglia ha cambiato forma. Il sapore stesso sulle mie labbra è diventato dolciastro. Un gin scadente, una bottiglia quasi vuota. Alzo gli occhi e noto il soffitto al neon di ospedale di questo squallido bar di periferia, le carte lanciate e le urla dei vecchi avventori sbronzi che giocano a tressette. La partita che scorre distrattamente, incastonata in uno schermo sulla parete. Un enorme specchio della Peroni, di quelli da boom economico. All’interno dello specchio ci sono io. Al solito posto. Malato del solito male.

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    «Alcohol is like love», he said. «The first kiss is magic, the second is intimate, the third is routine. After that you take the girl’s clothes off».

    Un ghigno. Un’ ombra che sfugge nell’oscurità. Occhi di tempesta che brillano per un impercettibile istante nella luce lunare. La stagione delle streghe finì in una manciata di giorni convulsi. Tutto scompare, quando scompare l’illusione. La più grande illusione di tutte. Come un buco nero risucchia ogni speranza, ogni sogno, qualsiasi bellezza. Tutto ciò che resta è un fondo di bottiglia ed il mio sorriso, quello delle occasioni mancate, il più bello, il più enigmatico il più dolce, il più amaro.

    E intanto conto i denti però il conto non mi torna,
    ce n’è uno che mi manca e forse tu mi puoi aiutare.
    Per caso, non l’hai mica ritrovato a casa tua? Ero così distratto,
    amore mio, quando ti ho morso il cuore.

    –Francesco De Gregori, Souvenir

  • Vedo Cose - Mi faccio di Gente

    Nausicaä della Valle e l’Infierno.

    La Valle dell’Inferno

    è uno dei luoghi più suggestivi del Matese.
    Impervia e selvatica, con gole e canyon, è un brulicare di fauna e flora, dove ancora nidifica stabilmente una coppia di Aquila chrysaetos (aquile reali).

    Foto di Simon "Wildfox" Ciliberti (grazie!)
    Foto di Simon “Wildfox” Ciliberti (grazie!)

    Nel caso decideste di farci n’escursione, vedete di non cacar loro il cazzo, che deveno da scopà.

    Non so esattamente perché abbia questo nome, alcuni sostengono dipenda dalle tante piante di aglio selvatico che la fanno fetare di zolfo, mio padre invece sosteneva che, essendo tutta gole e costoni, il viento sosciante generasse strani ed inquietanti suoni, che le genti locali attribuivano al Diavulu.

    Preferisco la spiegazione del Babbo.

    * * *

    Giorni fa ho rivisto Nausicaä, al cinema.

    No, non quella della Valle Caudina (peccarità, bellina pure lei, ma barely legal!),
    quella della Valle del Vento, classe ’84.

    Erano dieci anni che non la vedevo e, trovandomela di faccia, quasi trasalivo.

    Carina lo è sempre stata, ma s’è fatta proprio femmena! Dura come un delfino! Ha fatto doje cosce longhe che ci vo’ u telpass e le sono anche fiorite due zizze, che meno male che m’ero già seduto.

    Sarà il cibo sano, l’aria pura, l’acqua su Marte, la pillola anticoncezionale (certe volte lo fa…) o forse aveva le tette gonfie per le mestruazioni, in tutti i modi, BENERICA NAUSI’!!!

    Avrei dovuto chiamarti in questi anni, mannaggia Jessica Rizzo…

    La Valle del Vento è un posto dove abita bucolicamente della gente. Si chiama così perché ci soscia sempre il viento. Ma non tanto per dire, proprio sempre!
    Appena smette di sosciare – nel film – tutti si appaurano, addirittura tre bimbe lamentano dolore alle recchie, perché non hanno mai “sentito” il silenzio, senza fruscio di fondo.

    Ovviamente è pieno di mulini a vento, l’ambientazione invece è uno steampunk agricolo ed usano armi e utensili di ceramica.

    Non fate quella faccia, avete mai provato qualcosa di ceramica, a parte il cesso?

    Io ce li ho i coltelli di ceramica e, se all’inizio li usavo con disinvoltura, adesso li tratto con riverenza, perché sono estremamente taglienti e una volta, affettando delle melanzane, mi sono accorciato l’indice di ben 3mm, accorgendomene solo quando ho iniziato a sentirmelo bagnato mentre le melanzane si tingevano di rosso.
    Statv’ accort.

    Personaggi.

    #Tre simpatici partigiani, che, con nonchalance, assaltano un carrarmato con il solo ausilio di bombe-carta e bastoni.

    viecchi

    Noi li sfottiamo i viecchiemmerda, invece dovremmo ricordarci che sono tuttalpiù incontinenti,
    non incompetenti.

    È gente che se l’è vista coi King Tiger, mica con le 500 Pop/Sport/Lounge/Turbo.
    Nonostante l’artrite e l’arteriosclerosi, a bocce e a tressette, ancora spaccano i culi.

    #Il Sommo Yupa, un’avventuriero che gira il mondo in cerca di un perché, ma tutte le femmine dei villaggi gli vogliono bene e gli chiedono di battezzare i criaturi.
    Questo peculiare comportamento, unito ai suoi occhioni, lascia intendere che girando di villaggio in villaggio, non si addorme mai a pesce pulito.

    Se fai il guaio, poi te lo devi crescere.
    Se fai il guaio, poi te lo devi crescere.

    Yupa c’ha un barbaffo hipster che il nonno di Heidi sembra ‘nu criaturo di 10 anni e sfoggia pure ‘na cresta castana che nemmanco El Shaarawy, mostrandoci tutto il suo punkesimo bicolore. La riprova di quanto sia avanti Miyazaki, che trent’anni fa già sapeva i tagli di capelli che si sarebbero portati.

     

     

    Yupa, con una zoccola imperiale morta in testa.
    Yupa, con una zoccola imperiale morta in testa.

    #La principessa Kushana invece si è guadagnata il mio rispetto e il titolo di “Vergine di Ferro”, perché inizialmente è bardata in quella che sembra un’armatura, poi, mentre è ammanettata in prigionia, si stacca quello che si pensava fosse un guanto e scopriamo che è invece una protesi, come tutto il braccio ed entrambe le gambe.

    Kushana

    Ella poi aggiunge, maliziosamente (nel primo doppiaggio no, perché nell’87 in Italia certe cose non si potevano dire):

    «Chiunque diventerà mio sposo, vedrà cose ben peggiori.»

    Insomma, c’ha la fessa d’oro, non nel senso che non la smolla, nel senso che se non ti porti il cuoppo dell’olio dietro quando vai a fare le cosacce con lei, è cazz che sul più bello fa *CLANG* e grippa. A quel punto l’unica è provare a pulire la candela e soffiare due volte nel cycler, che forse riparte.

    #Teto è uno scoiattolo-volpe, tenera mascotte del film e – credo – primo esempio di pokemon della storia dell’animazione.

    Teto
    Teto, dopo aver cacato sui muri.

    #Su Nausicaä già abbiamo arrattusiato, quindi parliamo del suo outfitte:

    Nausicaä

    • Vestarella a manica lunga con collo a pistagna.
    • Guanti e cappello da aviatore, con maschera antigas.
    • Cinturone con marsupio.
    • Ingannevoli leggings color carne.
    • Gambali portoghesi, rigorosamente in pendant con il resto.
    • Daga e fucile.
    • Ricchini rossi a goccia.

    Sulla carta sembrerebbe aver svuotato un mercatino scegliendo le cose più trappane, ma nella pratica fa la sua porca figura, a dimostrazione del fatto che l’eleganza non dipende solo da cosa indossi, ma anche da come la indossi.

    Da notare i taschini modificati in cartucciere, in modo da avere sempre comodamente a portata di zizza ben sei proiettili.

    Come a dire:
    «Sono dolce e gentile, ma sparo».

    Sicuramente più incisivo delle stupide maglie:
    «Stasera faccio la brava».

    È una donna di un certo calibro.
    (Questa è triste e banale, ma se non vi faccio saggiare LO limone di tanto in tanto, finisce che non mi apprezzate più IL zucchero.)

    Abbuo’, mi so sfastiriato di parlare di outfit, torniamo alle cose serie:

    La scena nella quale, su un aereo in fiamme che precipita, fa riparare lo scoiattolo tra le sue tette.

    «Teto! Nasconditi qui!» «Sore', mi ci facc' a tana!»
    «Teto! Nasconditi qui!»

    In quel momento la mia invidia  è stata cosi grande e ringhiante, che da dietro hanno urlato «Shhhhhhh! Silenziooo!» ed ho dovuto tirarle un ceffone, sempre figure di merda mi fa fare.

    Non parlare come se non ci fossi, ti ho già chiesto scusa…

    Scusa un corno! La prossima volta resti a casa, scostumata!

    Nausicaä è una pacifista, messianica, ecologista e dolce ragazza, ma sa anche sparare, tirare di scherma e fare i bucchini guidare aerei, anche con uno scoiattolo tra le tette e, alcune di queste cose, anche senza mani.

    È Gesù Cristo con le tette, Ghandi con le ovaie, Zorro con gli occhi belli.
    Anzi, è meglio di tutti e tre.

    Le piacciono gli artropodi, quindi non ti sveglierà mai in piena notte perché c’è un ragno nel bidet e suppongo che sappia anche aprirsi i barattoli da sola.

    Come non amarla una ragazza così?

    Nella Valle del Vento inoltre, la colata gel non sanno proprio cosa sia e le ragazze non lavorano nei weekend come cameriere per comprarsi 30ml di Black Opium, desensibilizzandoti poi l’olfatto, quando hai la sfortuna di beccarle sottovento, appena uscite di casa.

    Vabbe’, ma il profumo è quella nota in più per distinguersi!

    Vestendosi tutte con gli stessi panni di Zara e Promod?
    Cospargendosi abbondantemente tutte con lo stesso profumo?

    Così non solo non le distinguo, ma la mia priorità diventa scappare a casa per sciacquarmi le narici col bicarbonato nel tentativo di salvare il mio olfatto.

    È anche stupido! Metti che so’ fidanzato co’ una e mi tengo a n’altra: se c’hanno lo stesso profumo, mi posso impruscinare quanto voglio co’ la concubina, che l’altra quando vuoi che mi sgami…

    Ma di che stavamo palrando? Ah si! Quasi dimenticavo: Nausicaä adora i grossi uccelli neri!

    *

    *

    *

    Sono Kai e Kui, una coppia di uccellacci neri usati come cavalcature, che vi pensate? Shhhcostumati!
    Kai e Kui, una coppia di uccellacci neri usati come cavalcature, che vi pensavate? Shhhcostumati!

    Lato Tecnico-Artistico.

    Lo studio Ghibli, insieme al compianto Satoshi Kon (qualcuno ha detto Paprika?) e a pochi altri, riesce a far vedere i colori ai daltonici.
    Devo aggiungere altro?

  • Esizialesimo

    Anacronistica – Una Storia D’Amore.

    Alessandria d’Egitto, 50 a.c.

     

    Alessandria D'Egitto (SA), foto di Anna.
    Alessandria D’Egitto (SA), foto di Anna.

     

    Il sole sta tramontando sulla cosmopolita città, ancora brulicante di vita.

    Una brezza spira da ovest verso la costa, increspando appena la superficie del mare che, giocando con gli ultimi raggi di sole, crea mesmerici luccichii.
    Porta con sé gli odori salmastri del Mediterraneo che vanno mescolandosi ai profumi dei semi di sesamo, del cilantro fresco, dell’acqua di rose e del raù, tipici della cucina locale, mentre i gabbiani ancora strillano nei cieli e inseguono, instancabili come cyborg, le martoriate tortore.

    Un pescatore, nella sua varchetella, cala le nasse a mare e canta:

    Vicin’ o’ mare
    facimmo ‘ammore,
    a core a core,
    pe’ nce spassà.
    So’ marenare
    e tiro ‘a rezza:
    ma p’allerezza,
    stong’a murì…

    Sicuramente non è oriundo.

    Gli uomini rincasano dopo il duro lavoro nei campi, in mare, in biblioteca o in un parcheggio. Tra di loro c’è Vasile, muratore della Dacia, che, incamminatosi verso la sua umile dimora, lascia il pensier suo volare alla moglie e ai figli lontani.
    Pensa a quando metterà da parte abbastanza pezzi da otto per poter finalmente tornare a Costeşti e riabbracciarli.
    Pensa anche che sarebbe il caso di smetterla di fare “offerte” a quella sacerdotessa di Iside, perché, la sporca, gli sta svuotando costantemente anche il portafogli.
    Pensa che quindi è meglio optare per un solipsistico pescimmano, almeno stasera.

    Sull’isoletta di Faro già si sente il pungente odore di nafta, trasportata dagli addetti al faro, ormai prossimo all’accensione. Sotto l’imponente statua di Zeus o Poseidone, più tardi sostituita da quella di Helios (Mi avete sgamato! Copiavo da wikipedia, mannaggiasantella!) DJ TeofrastoK e Aristarco “Peppe” DJ fanno il soundcheck e si preparano per la seratona che li vedrà sfidarsi, a colpi di brani revival anni ’80, nel contest di silent disco bisettimanale.

    Dai vicoli del porto si ode la voce di una donna amorevole che chiama il suo gatto:

    «Miao! Smettila di correre dietro a mio figlio e vieni, la cena è pronta!»

    «Frrrrrr! Miao! Frrrrrr! Puuurrrgnao!» – Disse il gatto.

    «Mamma, posso avere qualcosina anche io?» – Disse il figlio.

    «Certo Klitennestro, le tue teste di pesce sono lì a terra nella scodella, ma leva le zampe dal tavolo, sennò m’incazzo!» – Disse la mamma.

  • Esizialesimo,  Umani Casi

    In the pines.

    You’ve caused me to weep,
    you’ve caused me to mourn
    You’ve caused me to lose my home

    In the pines, canzone popolare statunitense

    (no, non è di Kurt Cobain, forse il primo ad inciderla è stato il bluesman Leadbelly negli anni ’40,
    ma ne esistono un miliardo di versioni diverse, è pur sempre una canzone popolare, cristo).

    Se potessi, questa foto la intitolerei "The Pulse of Americana", come la playlist di Spotify, andatevela a sentire, pischelletti.
    Se potessi, questa foto la intitolerei “The Pulse of Americana”, come la playlist di Spotify, andatevela a sentire, pischelletti.

    Il senso di straniamento.

    Quel limbo in cui ti trovi incasinato quando per un certo periodo di tempo sei così preso dalle cose da fare, dagli impegni, oppure così scazzato, che non ti informi più, non parli più con nessuno, non ti interessi più a nulla. Fai solo quello che devi fare. Magari lo fai anche bene. Ma fai solo quello.

    L’alienazione.

    Poi un bel giorno, osservi l’orizzonte, quando d’un tratto…

    ti ricordi!

     

     

    Esiste gente che viene pagata per maniare le zizze e sditalinare le scrofe. Per stimolarle e facilitarne l’inseminazione. Una scrofa arrapata è una scrofa fertile.

    [youtube:https://www.youtube.com/watch?v=6q2wKhqdmmw]

    “E la scrofa se steva!” (grosse citazionE)

     

    Così sorrido in questa torrida notte estiva. Il sudore che si imperla sulla fronte mentre la mia mente vaga alla ricerca delle parole giuste.

    Tutto sta nelle parole giuste al momento giusto, ragazzo, dice la parte di me che crede di aver capito qualcosa della vita alla parte di me che invece sa di non aver mai capito un cazzo.

     

    Tutto ciò che si fa spazio, però, alla fine dei giochi, è una tremenda sete.

     

    Apro il frigo. Tutto ciò che trovo per placare la sete orrenda che mi divora dentrrrrroooo è una fottutissima Peroni Chill.

    Una.

    Peroni.

    Chill.

     

    Una volta oltrepassati i drammi e i dubbi di tipo esistenziale-fatalistico (chi cazzo l’ha comprata? Perché? Sono stato io in un raptus di follia? Mi è spuntata una vagina sotto la barba? Fammi controllare un  attimo che la prevenzione è tutto),

     

    decido con una scrollata di spalle di dare una simpatica sfumatura di limone alla mia gastrite. Sempre meglio di niente, in  fin dei conti. Eccolo il bruciore che mi fascia rassicurante l’esofago. Su certe cose puoi contare.

     

     

     

    Che cazzo bevi roba gassata e acida se hai la gastrite, direte voi, miei piccoli amici?

     

     

    Siamo animali votati all’autodistruzione vi risponderei se fossi il co-protagonista di un romanzo di Palahniuk

     

     

    ma invece risponderò semplicemente Al Bano.

    Si, Al Bano.
    Si, Al Bano.

     

  • Umani Casi

    Circumvesuviana: Road to EleMenti (AV)

    Domenica 2 Agosto,

    dovevo andare al concerto di Tony Tammaro nella lupesca Avellino.

    NO, non sto sfottendo, lasciando intendere che stanno in culo ai lupi e NO, non sto parlando dei “Lupi” dell’ U.S. Avellino 1912, che è rimasta in serie B (e giuro che se me ne fottesse qualcosa, mi dispiacerebbe tantissimo).

    Tentavo di non scrivere “Irpinia”, usando un sinonimo, perché, come sicuramente saprete, “Hirpini” deriva da “hirpus” e significa, ma guarda un po’, “lupo”.

    Ma il mio Consulente di Marketing si è appena stracciato una pacca il grande gluteo sx e lo ha gettato a terra, come la spugna dei grandi allenatori di boxe, perché la vostra soglia di attenzione si sta schiantando su un iceberg di indifferenza, quindi la smetto con i cenni storici.

    Dico “DOVEVO” perché mi è stato quasi imposto. I fatti sono andati così:

    «Domenica vieni con noi allora?»

    «Ma cosa? Chi sei? Perché mi hai svegliato?»

    «Domenica sera, vieni con noi ad Avellino.»
    (Si noti come sia già sparito il punto interrogativo di cortesia.)

    «NO. Non me ne tiene. A fare che?»

    «C’è il concerto di Tony Tammaro e tu VIENI

    «Poi vediamo.»

    «Non vediamo niente, vieni e basta.»

    «Non insistere, ci penso…»

    «Dai! Presentano pure il video “Lo Zoo di Bellini”!»

    «Clamoroso! Però adesso che già l’ho visto su youtube, che vengo a fare?»

    «Ci sta Luca Auanasgheps, quello ti piace!»

    «Mi piace quello che scrive, l’hai detto come se me lo volessi chiavare!
    È ‘nu bell’ome, per carità, ma non penso che si vuole far chiavare da me… po’ chi ‘o sap. »

    «Fanno il panino con il maiale che gira (arrosto)!»

    «A che ora?»

    * * *

    Non che non apprezzi Tony Tammaro, ANZI! Massimo Rispetto! È un cantanto proto bello, aTTissimo livello!
    Come tutti in Campania, avevo le cascette false originalizzate “Mixed By Erry”.

    E voi? Voi ve le ricordate le intromissioni tra un pezzo e l'altro con la suadente voce "By Erry"?

    Nelle quali, almeno una volta per lato, c’era l’intromissione di una suadente voce a ricordarci con un “By Erry!”  la paternità della copia. La mia stima per Tony T era così alta che, nel lontano 1999, comprai financo la raccolta originale oiveramenteperò™ “Tutto Tony Tammaro” al costo di 19900 lire, pari a quattro mie paghette dell’epoca, con resto di due goleador. Non so se vi è chiara l’entità dello sforzo economico.

    Tony Tammaro DoppioCD

    Detto questo però, bisogna considerare che lui suona da venticinque anni ed io l’ho ascoltato per almeno venti.

    A casa dalla cassetta,
    a scuola insieme ai compagni,
    su Canale 9, guardando Tamarradio,
    in ogni fottuta gita scolastica,
    ai concerti di paese
    e alle feste di compleanno delle medie.

    Quelle con il saccone da 5kg di Crik Crok un po’ ammosciate, nel nuovissimo gusto “sale & sale” e il chinotto.

    chino

     No, non il Chinò,

  • Esizialesimo,  Umani Casi

    I pomidori di Mordor.

    La Terra dei Fuochi continua a bruciare!

    (titolano il Corsera, il Mattino, il Fatto Qtd, Fanpage, il Manifesto, questo, quello e Mariastella.)

    GRANDE! Un nuovo capitolo del Signore degli Anelli! Già è trapelato qualcosa sulla trama?
    Ci sarà Gandalf?

    «Ma che cazzo stai dic-

    AH! Dici che ci infileranno i due maghi blu, Alatar e Pallando? Fichissimo!
    Magari li possono fare gemelli! Uno negro e l’altro bionda con due zizze tante

    -endo? Ma quali ma-

     e potrebbero far reincarnare Sauron in una discendente illegittima di Aragorn!
    Interpretata da August Ames, che tiene due zizze tante!
    Nata da un rapporto con un succube dalle sembianze di Liv Tyler,
    però con due zizze tante!

    Gandalf il Cristo

    -ghiOOOH! Tira il freno a mano al testosterone e smettila di arrattusiare!»

    Niente Oscuro Signore di Mordor?

    «No. Non ci sarà. Lo sanno tutti che è stato assunto a tempo indeterminato all’ILVA.»

    Davvero???

    «No, coglione. Ma non hai letto UNA notizia negli ultimi tre anni? Roghi tossici? Sversamenti? Discariche abusive? Ecoballe a Taverna del Re

    Taverna del Re? Dai, non prendermi in giro!
    È fantasy!

    «Non lo è, purtroppo sono questioni serie, disastri ambientali, ecomafie…»

    Che palle.
    Vado a guardarmi Tentation Island, se fai il caffè chiamami.

     …

    Dicevo,

    Ultimamente c’è stato il solito *incredibile* susseguirsi di cose che hanno preso fuoco:

    • Gli incendi boschivi in Campania, la più colpita tra le regioni.
      (Boschi di merda, che prendete fuoco come niente e fate fare una pessima figura ai campani!)
    • Gli incendi di capannoni a via Brin, pieni di qualsiasicosa.
      (Cinesi di merda, che date fuoco ai vostri giocattoli tossici per bambini pur di invaderci il mercato e renderci sterili!)
    • I peli sulle nocche delle mie mani.
      (Coinquilini di merda, che mi nascondete continuamente l’accendino buono e mi abbrucio quando preparo il caffè!)
    • Svariati incendi a Giugliano, tra le discariche ex Resit e altre zone periferiche.
      (Fuoco di merda, che ti accanisci contro una città solo per far sbariare il sindaco!)
    • Oltre che qualche esplosione di fabbriche di fuochi d’artificio, a Giugliano, ma anche nel barese, con 10 morti.
      (Materiale pirico di merda che esplodi a contatto con il fuoco!)

    Roba che a pensare male, sicuramente è colpa di queste giuglianesi esplosive, che sotto tengono la furnacella semp’ ‘nfucat’ o del famoso calore delle genti meridionali.

    Che schifo.
    Questa battuta non farebbe ridere nemmeno il pubblico di Made in S-

    MUWHAHAHAHHAHAHAHAHAHAAHAHHAHAAHAHAHAAHA!
    Mi fai muoriiiiiiiiiire! Ma come faaaaai??? C’ho le lacrime agli occhi!

    «Non stavi guardando quel reality pilotato, con i concorrenti riciclati da Uomini e Donne

    Si, ma ci sono 32 minuti di pubblicità, così sono venuto ad infastidirti.
    Posso restare?

    «NO.»

    Io invece resto e tu non puoi impedirmelo!

    «Ah no?»

    «Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris
    Italiam, fato profugus, Laviniaque venit
    litora, multum ille et terris iactatus et alto
    vi superum saevae memorem Iunonis ob iram;
    multa quoque et bello passus, dum conderet urbem,
    inferretque deos Latio, genus unde Latinum,
    Albanique patres, atque altae moenia Romae.»

    Geococcyx californianus, nemesi di Wile E. Coyote nonché metafora di fuga ad altissima velocità.
    Geococcyx californianus, nemesi di Wile E. Coyote nonché metafora di fuga ad altissima velocità.

     

     

     

     

     

     

     

     

    DICEVO.

    Tra notizie di roghi, incendi e nuove discariche abusive piene di vernici, solventi e ad altre amenità, m’è venuto un certo languorino di qualcosa di fresco e sano, così ho aperto il frigorifero e ho addentato un freschissimo pomodoro San Marzano, bello maturo, che a me quelli verdi non piacciono perché sono troppo croccanti, aciduli e un po’ plasticosi.
    Tempo di masticarlo un po’ e suggerne i ricchi succhi che mi irrigano la barba (si, mi sono vaviato…) e vengo pervaso dalla bontà del suo sapore caratterit- no aspè! Il cazzo! Sa di acqua trola di fontefogna e ha il retrogusto, amarognolo e metallico, di un’alleccata di pila elettrica!

    Tutto ciò mi riporta alla mente una petizione on-line a cui mi venne chiesto di aderire un paio di anni fa,  “proibire le colture alimentari sui terreni avvelenati dalla camorra“.

    Ti sta squillando il telefono!

    «Ah. Grazie.»

    Un mio amico che cambia continuamente operatore.
    Un mio amico che cambia continuamente operatore e pensiero.