I pomidori di Mordor.
La Terra dei Fuochi continua a bruciare!
(titolano il Corsera, il Mattino, il Fatto Qtd, Fanpage, il Manifesto, questo, quello e Mariastella.)
GRANDE! Un nuovo capitolo del Signore degli Anelli! Già è trapelato qualcosa sulla trama?
Ci sarà Gandalf?
«Ma che cazzo stai dic-
AH! Dici che ci infileranno i due maghi blu, Alatar e Pallando? Fichissimo!
Magari li possono fare gemelli! Uno negro e l’altro bionda con due zizze tante
-endo? Ma quali ma-
e potrebbero far reincarnare Sauron in una discendente illegittima di Aragorn!
Interpretata da August Ames, che tiene due zizze tante!
Nata da un rapporto con un succube dalle sembianze di Liv Tyler,
però con due zizze tante!
-ghiOOOH! Tira il freno a mano al testosterone e smettila di arrattusiare!»
Niente Oscuro Signore di Mordor?
«No. Non ci sarà. Lo sanno tutti che è stato assunto a tempo indeterminato all’ILVA.»
Davvero???
«No, coglione. Ma non hai letto UNA notizia negli ultimi tre anni? Roghi tossici? Sversamenti? Discariche abusive? Ecoballe a Taverna del Re?»
Taverna del Re? Dai, non prendermi in giro!
È fantasy!
«Non lo è, purtroppo sono questioni serie, disastri ambientali, ecomafie…»
Che palle.
Vado a guardarmi Tentation Island, se fai il caffè chiamami.
…
Dicevo,
Ultimamente c’è stato il solito *incredibile* susseguirsi di cose che hanno preso fuoco:
- Gli incendi boschivi in Campania, la più colpita tra le regioni.
(Boschi di merda, che prendete fuoco come niente e fate fare una pessima figura ai campani!) - Gli incendi di capannoni a via Brin, pieni di qualsiasicosa.
(Cinesi di merda, che date fuoco ai vostri giocattoli tossici per bambini pur di invaderci il mercato e renderci sterili!) - I peli sulle nocche delle mie mani.
(Coinquilini di merda, che mi nascondete continuamente l’accendino buono e mi abbrucio quando preparo il caffè!) - Svariati incendi a Giugliano, tra le discariche ex Resit e altre zone periferiche.
(Fuoco di merda, che ti accanisci contro una città solo per far sbariare il sindaco!) - Oltre che qualche esplosione di fabbriche di fuochi d’artificio, a Giugliano, ma anche nel barese, con 10 morti.
(Materiale pirico di merda che esplodi a contatto con il fuoco!)
Roba che a pensare male, sicuramente è colpa di queste giuglianesi esplosive, che sotto tengono la furnacella semp’ ‘nfucat’ o del famoso calore delle genti meridionali.
Che schifo.
Questa battuta non farebbe ridere nemmeno il pubblico di Made in S-
MUWHAHAHAHHAHAHAHAHAHAAHAHHAHAAHAHAHAAHA!
Mi fai muoriiiiiiiiiire! Ma come faaaaai??? C’ho le lacrime agli occhi!
«Non stavi guardando quel reality pilotato, con i concorrenti riciclati da Uomini e Donne?»
Si, ma ci sono 32 minuti di pubblicità, così sono venuto ad infastidirti.
Posso restare?
«NO.»
Io invece resto e tu non puoi impedirmelo!
«Ah no?»
«Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris
Italiam, fato profugus, Laviniaque venit
litora, multum ille et terris iactatus et alto
vi superum saevae memorem Iunonis ob iram;
multa quoque et bello passus, dum conderet urbem,
inferretque deos Latio, genus unde Latinum,
Albanique patres, atque altae moenia Romae.»
DICEVO.
Tra notizie di roghi, incendi e nuove discariche abusive piene di vernici, solventi e ad altre amenità, m’è venuto un certo languorino di qualcosa di fresco e sano, così ho aperto il frigorifero e ho addentato un freschissimo pomodoro San Marzano, bello maturo, che a me quelli verdi non piacciono perché sono troppo croccanti, aciduli e un po’ plasticosi.
Tempo di masticarlo un po’ e suggerne i ricchi succhi che mi irrigano la barba (si, mi sono vaviato…) e vengo pervaso dalla bontà del suo sapore caratterit- no aspè! Il cazzo! Sa di acqua trola di fontefogna e ha il retrogusto, amarognolo e metallico, di un’alleccata di pila elettrica!
Tutto ciò mi riporta alla mente una petizione on-line a cui mi venne chiesto di aderire un paio di anni fa, “proibire le colture alimentari sui terreni avvelenati dalla camorra“.
Ti sta squillando il telefono!
«Ah. Grazie.»
«Buongiorno Pi’, dimmi.»
«Oh, sto al centro, scendi!»
«Ma a fare che? Ià no! Hai visto che cazz’ e sole?»
«Mammamà Gio’, pe’ ‘na volta che sto a Napoli!»
«Tu SEI di Napoli!»
«Abbuo’, ma che c’entra! Comunque ià, scendi!
Stong a Mergellina con tre fèmmn, ‘na nera, ‘na mora e ‘na bruna.
Alla biondina potresti piacere! Muoviti!»
«Uff… okey, ci vediamo lì tra ‘na mezz’oretta?»
«Perfetto, tra mezz’ora a Piazza Dante, muoviti!»
«Dante o Mergellina!?»
«Sisi, Mergellina, stiamo andando là. Fai presto.»
Sono già pentito.
Metto a fare il caffè, che è uno di quei giorni in cui senza non riuscirei nemmeno a chiamare l’ascensore, nel frattempo mi lavo i denti.
Bestemmio la Mad– Dea Kālī e prego l’Arcangelo Michele affinché le tagli tutte le mani, cosicché ella possa farsi in culo e non riuscire più manco ad aprire le porte.
Perché? Perché i denti me li dovevo lavare DOPO il caffè, che adesso saprà di eucalipto, bicarbonato e microgranuli.
Mi vesto, piglio il telefono e infilo nel portafogli piangente, dieci euro presi dal fondo emergenze.
E le chiavi. Cristiddio! Stavo di nuovo dimenticando le chiavi.
Sorseggio il caffè antitetanico, stringo il pugno facendo una smorfia, sussurro all’orecchio dell’etere una maledizione in aramaico e me ne scendo.
All’altezza di Salvator Rosa incrocio Pindaro.
«Mammamà fratè! Quant c’è mis! Ti sono venuto incontro!»
«Non stavi con delle ragazze?»
«Sisi, poi ti spiego. Ci pigliamo qualcosa di fresco? Voglio n’americano!
No a Chiaia però, adiamo a un chioschetto a Museo!»
Mi ritrovo seduto e stiamo bevendo vodka liscia, senza ghiaccio. Al Vomero.
Pindaro parla, io lo sento, ma non lo ascolto. Il suo bicchiere si vuota ed io non capisco come, visto che nun s’è stato zitto nu mument.
«Ancora ea fernì! Muoviti, ho già pagato, ti devo assolutamente portare in un posto!»
Tracanno la vodka, mi torna in gola e lo seguo non so dove, chiedendomi se abbia veramente pagato.
«Sto con la macchina mia, però guida tu.»
Dopo tre passi, inchioda vicino alla prima macchina che trova, apre la portiera e mi lancia le chiavi da sopra il tettuccio, sedendosi lato guidatore.
Fisso il vuoto per tre secondi, entro e lo guardo.
«Oh, le ho date a te le chiavi?»
Gli do le chiavi e sto zitto. Per 32 minuti ascolto i primi trenta secondi di 64 pezzi che doveva assolutamente farmi sentire.
Si ferma, non ho idea di dove, sembra il centro direzionale abbandonato da 130 anni. Saliamo su un palazzo, lui parla, io non lo ascolto ed ho un brutto presentimento. Arrivati sul terrazzo ci accoglie, tra canne fumarie e paraboliche, un tizio molto raccomandabile.
«Ciao France’, questo è Giorgio, oggi sta pur’iss!»
«Cià. Francesc’. Dieci euro, prego.» – Dice con entusiasmo Francesc’
«Dieci euro per cosa?»
«Fidati fratomo, dagli i soldi, è un fatto checazz!»
Obbedisco. Francesc’ tira fuori due imbragature e noi le indossiamo. Pindaro mi fa cenno di seguirlo, fino al bordo del terrazzo e, mentre si sporge, agganciandosi a delle corde, mi sorride:
«Bunjee Jumping metropolitano! Pariante assai!»
«Ma è sicuro? Mi pare ‘na strunzata…»
«Uah, sicurissimo! Basta che tieni la bocca chiusa!
Attento a non prendere un gabbiano di faccia!»
«V’avita ‘ra ‘na mossa, tra un quarto d’ora venen e gguardie.» – Mi rassicura Francesc’
Pindaro s’è già buttato. Noto una parabolica ad un solo metro da me e istintivamente allungo le braccia per abbarbicarmici, ma non faccio in tempo e Francesc’ piglia e mi ietta abbasc’.
Vomito.
Più volte.
Pomodoro, caffè e vodka.
Vodka con caffè, accompagnata da pomodori acerbi a fettine è una roba fenomenale, ma non se ve la servo semidigerita, dal mio naso.
Sono in ginocchio che cerco di riprendermi, Pindaro mi mette fretta, perché dobbiamo andare a fare non capisco cosa, ma io non riesco nemmeno a slacciarmi la cintura. Francesc’ mi alza pigliandomi per i trapezi e in 5 secondi e 3 decimi mi toglie l’imbragatura e sparisce. Istintivamente porto le mani ai pantaloni e controllo portafogli, chiavi, telefono e palle. Okey. C’è tutto. Non m’ha rubato niente. Per stavolta.
Risaliamo in macchina e fa caldissimo. Guardo fuori dal finestrino e vedo un campo pieno di girasoli con la paglietta in testa.
«Aperitivo tranquillo al centro?»
Chiudo gli occhi e sono pronto a tutto. Quando li riaprirò potrò trovarmi a Gragnano, frazione di Capannori in provincia di Lucca e lui mi porterà a mangiare la vera bagna càuda salentina, in una pizzeria gestita da egiziani.
«Oh, ma che fai, dormi? Simm’ arrivati!»
Apro gli occhi e mi commuovo, siamo davvero a Napoli, già parcheggiati. Gli abusivi ringhiano per due euro a piacere, ma non possono farci nulla, perché affondano nell’asfalto fuso fino alle ginocchia.
«Andiamo a mangiare qualcosa, così ti ripigli!»
«Non voglio niente, c’ho ancora lo stomaco sottosopra…»
«Frà, devi mangiare! Ti devi ripiglià, stamm’ a sent!»
«None, non ho fame e sto senza n’euro, non insistere!»
12 MINUTI DOPO…
«Va bene, hai cacato il cazzo. Però una cosa semplice, tipo un panino al banco salumeria, senza munnezz’ pe’ dentro…»
«Va bene, io mi faccio ‘na rusetta ca’ murtatella e tu col prosciutto crudo.
Andiamo.»
Sono così contento che non trovo le parole.
2 MINUTI DOPO…
Le ho trovate, ma non si possono pronunciare davanti ai bambini e nemmanco davanti agli adulti.
Mi ha portato dal kebabbaro.
«Allora, che vuoi? Offr’io.»
Lo guardo come si guarderebbe un bambino down che scende senza familiari, da un barcone di profughi, piangendo disperatamente, mentre stringe al cuore un gattino morto da pochissimo, con le mucose anemiche ma le pulci che hanno appena cominciato ad abbandonare il suo corpicino che ormai va raffreddandosi.
CON LACONICO DISPREZZO!
«Kebab. Niente cipolle. Niente salse. PER FAVORE.»
«Si, con sto caldo meglio senza pure pe’ me, facc’io, tu siediti»
Esce fuori dopo quattro minuti, mozzicando un felafel e mi porge un fagotto.
«Tiè. Kebab completo.»
«…»
Nel mio stomaco, due Helicobacter pylori si guardano, alzano le mani e poi si rivolgono a me, in coro come Paola e Chiara:
«Vaglio’, sciolt, facciamo finta di non aver visto niente. Simm’ batteri gram negativi, ma abbiamo un cuore, lavoriamo onestamente, nu magnamm’ ‘nguoll i muorti. Tranquillo e mastica piano.»
«Grazie ragazzi.»
Mangio la mappazza tiepida con difficoltà, annuzza ‘nganna con frequenza. Ogni morso sto peggio e il respiro si fa più pesante. Vomiterei se non l’avessi già fatto. Mi sporco pure come un criaturo che corre fuori a fare pupazzi, la prima volta che vede nevicare merda. Rigurgitando un po’, seguo Pindaro, come se un guinzaglio invisibile mi legasse a lui. Ci metto una vita a finire e, arrivato all’ultimo morso, lo intravedo terminare una telefonata.
«Ah! Hai finito! Buono? Già ti vedo meglio, tieni n’ata faccia!
Mò andiamo da n’amica mia, ci prendiamo un grande caffè,
ti dai una sciacquata, stai dieci minuti sul divano e tuorn’ a nasc’!»
Camminiamo fino a che non fa buio e finiamo a casa di un certo Massimo, a suonare la pianola e a fare gli speaker nella sua webradio. Non ci capisco più un cazzo di niente, ma sto meglio, dopotutto forse quel kebab veramente ci volev-
«Devi vedere assolutamente un fatto!
Massimo c’ha una piccionaia nel sottotetto! L’ea vrè!»
«Ma che me ne fotte dei piccioni ià! Lassm’ sta’…»
«Nono, li DEVI vedere!»
Il mio stronzissimo amico mi trascina nella stanza accanto, apre una botola nel soffitto, facendone calare una scaletta e mi ci spinge sopra, mettendosi dietro di me, cosiché io non possa scendere. So che dovrei prenderlo a calci in bocca, ma gli voglio bene.
Ad ogni piolo la temperatura sale di 2° C. Sporgo solo per mezzo busto sopra la botola e le mie narici già cominciano a marcire e cauterizzarsi, in loop.
È buio, ci sono 45° e la stanza è pervasa da un odore del quale non riesco bene a individuare le note di testa, cuore, fondo e buco di culo.
Le prime cose che mi vengono in mente sono:
- Una stanza, senza finestre, piena di cani bagnati.
- Bambini morti, buttati in una pozzanghera da una settimana.
- Polvere sapientemente impastata con urina di gatto.
- Mia nonna che spenna polli, ancora vivi, nell’acqua bollente.
La testa mi gira e mi risale la nausea.
«Spostati, fammi scendere, non mi sento bene.»
«Li hai visti, eh? Hai visto che pariata?»
«Non li ho visti ma li ho sentiti, fammi scendere cazzo!»
«Nooo! Li DEVI vedere! Aspetta che t’ facc’ luce!»
«Ti ho detto che voglio scen-
Pindaro infila il braccio sotto la mia ascella stringendo una torcia elettrica, la punta nel buio profondo e la accende.
Per qualche decimo di secondo vedo solo un brillìo di occhietti rossi.
Un attimo ancora e si scatena un tifone di polvere, penne e schifo.
Qualcosa mi tocca la faccia, qualcos’altro di granuloso e appiccicoso mi entra nel naso e…
…eeEOOHHOhoohohHOHh…
* * *
Sono sul mio letto, stanco come uno schiavo del noto dominus romano Caius Tiberius Stronzo.
Ho la vista appannata e sento le cornee secche come un guscio di noce. Sbatto le palpebre e, dopo un rassicurante rumore di crik crok calpestate, vedo di nuovo benino. Per quanto la sento impastata, non oso muovere la lingua e scoprire di avere un frappè di denti e gengive in bocca.
Sul mio avambraccio c’è un simpatico Lepisma saccarina che mi mozzica. Lo soffio via in direzione della scarpiera.
Vai piccolo amico, vai a mangiare la colla dei miei stivali e strozzatici.
Sento un pungente dolore all’inguine, mi sposto la mutanda e LO vedo.
Il mio pene.
Vabbe’, ho esagerato, facciamo
il mio pene.
Con otto punti di sutura.
Rimetto a posto la mutanda e faccio un respiro di sette secondi. Poi scatto in piedi correndo nervosamente verso lo specchio.
Non ho cicatrici all’altezza dei reni e Il culo non mi brucia.
Sento l’impellente bisogno di ringraziare qualcuno che dicono abiti molto in alto, ma ricordo di essere ateo e mi limito a tirare un sospiro di sollievo, quando noto che, sul comodino, ci sono dieci euro, un messaggio e tre oggetti:
L’ORRORE!!!
IL LAVORO!
L’ORRORE
Ia! Ia! Cthulhu Fthagn! Ph’nglui mglw’nfah Cthulhu R’lyeh wgah’nagl fhtagn!
IL TOFU!
L’ORRORE!
IL LAVANDINO APPILATO!
IL MATRIMONIO!
L’ORRORE!
Amare Giesù nell’altro!
MIA MADRE!
L’ORR-
Finalmente sei tornato! Ma ‘sto caffè?
Mi hai fatto perdere tre puntate di “Nudi e Crudi” e
“Messi alle Corde” su DMAX con le tue digressioni del cazzo!
Sei luuungo e noioso!
«Sto scrivendo un racconto, PER DIO! MI SPEZZI IL RITMO!»
Si, quellochevuoitu, ma ora lo fai o no un caffè?
«TI SCHIFO! Sei la peggiore delle voci nella mia testa, con la tua squallida ignoranza da coglione medio! DEVI SPARIRE!»
Ma vaffanculo! Sono una parte di te! Non sparirò MAI!
Ti interromperò per sempre-per sempre-per sempre AHAHAHAHA!!!
Nevroticamente, apro un cassetto e prendo un’arma
«HO LA COGNIZIONE DEL DOLORE E NON HO PAURA DI USARLA!»
NuoOoO!!! GADDA NO!!!
«Oh SI! GADDA SI!»
Per stavolta hai vinto! Ma tornerooò!
* BAMF *
«Non oggi, oggi rimarrà solo il tuo sgradevole odore di zolfo, coatto di merda!»
* * *
STAVO DICENDO.
Che stavo dicendo? Ah si! L’orrore! L’orrore e la camorra!
Questa triste storia di sversamenti di rifiuti speciali in terreni a vocazione agricola, mi ricorda tremendamente un racconto horror di H.P. Lovecraft (come non sapete chi è!? Andatevelo a cercare, CAPRE!), “Il colore venuto dalla spazio”, nel quale accade praticamente la stessa cosa. Quasi.
Riassumendo, una famiglia (o perché no “clan”) di contadini pensano che, se infossano nella terra una “merda” dal colore indefinibile che hanno trovato (un meteorite dal colore così shocking e psichedelico che nemmeno il padrone di KIKO sotto acidi avrebbe avuto il coraggio di proporre), poi ci pensa Madre Natura e tutt’appò, che quando ci crescono le piante sopra, vuol dire che è buono e se po’ mangià.
Nel racconto difatti, dopo che tale “merda” ha contaminato finanche il pozzo e la falda acquifera, la primavera seguente il terreno è in apparenza molto fruttifero. Iescono certe pere e certe pummarole grosse quant’ a capa e nu criaturo, ma purtroppo hanno il sapore di polvere cosmica e “merda” siderale. Succedono anche altri fatti brutti, tipo gente che muore ammuffita, alberi con le mani che camminano, bagliori strani e altre cose splendide, ma non c’è da stupirsi, quella “merda” veniva dallo spazio ed era aliena, nel nostro caso invece è prodotta da noi stessi, di conseguenza i pomodori sanno di fogna e fierroviecchio e a noi ci aumentano i tumori, le allergie e le malattie degenerative su base autoimmune (è sottile l’ironia della Natura, eh?)
Credo che non sia un problema prettamente economico e di capillarissima corruzione, piuttosto una questione socio-culturale.
La convinzione che, sversando la “merda” nella terra, questa magicamente verrà purificata dalla stessa, donandoci poi dei frutti della Natura buonissimi, è estremamente radicata nelle nostre genti e devono esserne convinti in maniera sincera anche i camorristi stessi, perché tanto, gira che ti rigira, alla fine la “merda” la mangeranno anche loro, le loro famiglie e le famiglie di quelli che si prestano alla pratica, quindi o gli piace morire o ci credono davvero. La statistica ci dice che è più probabile che ci credano.
Alla fin fine, tra una colectomia per cancro al colon con iPhone 6 e un’altra senza, la differenza è che:
A) Puoi morire in uno stagno di sangue e feci giocando a Fruit Ninja Deluxe e facendoti i selfie col catetere.
OPPURE
B) Puoi morire in uno stagno di sangue e feci maledicendoti perché non avevi i soldi per lo smartphone e adesso non potrai pubblicare il tuo book oncologico terminale in HD.
Non mi sembra una differenza così importante, ma forse sbaglio io.
In tutti i modi, da cosa deriva questa errata credenza?
Innanzitutto dalle puttane delle nostre madri.
Quando eravamo piccoli, ogni volta che volevamo mettere una mano nella varrichina, sul fornello o che scapotavamo nei cassetti e toccavamo le forbici, il vibrofallo lunare corazzato-semovente di nostra mamma o il lubrificante siliconico al guaranà e balsamo di tigre di nostra sorella maggiore mentre lei era a scuola, le nostre mamme ci rimproveravano sempre con la stessa formula:
«Non toccare a mamma! Butta! È cacca, è cacca!»
Ed è così che siamo cresciuti col condizionamento che dobbiamo sbarazzarci e buttare a terra tutto ciò che è nocivo, perché è “cacca”, cioè “merda”.
È lo stesso tipo di condizionamento pavloviano che ancora oggi ci fa sudare freddo quando, comprando le Camel blu, il tabbaccaro ci dice:
«Aspetta che ti do il resto!»
E noi stiamo già con l’occhio umido e per pochissimo non frigniamo «Non l’ho fatto apposta!» mentre il pensiero vola ai paccari a mano smerza datici da nostro padre.
Per fortuna i tempi cambiano ed oggi battipanni non se ne vedono quasi più, così abbiam smesso di vivere nel terrore.
Dopo l’imprinting materno, entra in gioco la lingua italiana, che con i suoi MALEDETTI sensi figurati o letterali ci crea grandissima confusione tra la Merda, intesa come feci, utile come fertilizzante o per la produzione di biogas, e la “merda” intesa appunto come tutto ciò di poco desiderabile e nocivo.
Infine, a catalizzare la tragica reazione arriva De André.
«Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori.»
Io non so se il cantautore genovese sapesse quello che stava facendo, ma considerando che ha semp’ fatto un po’ l’anarchico facinoroso e vatteva pure la moglie, non mi stupirei se avesse premeditato tutto.
Da questa falsa premessa (in realtà Sergio Endrigo – un vero divulgatore – ci insegna che, alla fine, per fare un fiore ci vuole un fiore, altro che letame e diamanti!), una volta acquisita la consuetudine di spalare la Merda nei campi come fertilizzante, passare alla “merda” è n’attimo, viste le confusioni di cui abbiamo già parlato.
Ed ecco che nel mio frigo arrivano i pomidori al percloritene e trimadonnato-diporcodio e c’ho le allucinazioni di giesùcristo, sandokan e la maronna, tuttettrè a braccetto co’ mia nonna (pigliùnculo Fedez!), mentre, coloro che eventualmente mangiassero ‘nzalate di pomidori cresciuti su un substrato di terra e diamanti non avrebbero malattie, anzi, l’unico effetto collaterale, nel caso fossero pure i padroni della terra, sarebbe essere schifosamente ricchi.
Per la sacrà transitività, possiamo quindi dire che le ecomafie sono colpa di De André.
OOOH! Adesso che ho scaricato le colpe su cause esterne e/o persone morte, mi sento davvero meglio! Sono soddisfatto e con la coscienza pulita!
Amm’ scaricato o’ barile pur’ ‘stavota, da onesti faticatori!
«Bciè! Ea fernut’ e sverzá ll’urdm o no? Iamm iá! Cu sta cient’euro ca c’avimma abbuscat ogg’,
t’ offr’ ‘na pizz cu nu filett e saMMarzan che è proprie gasolio!»
«Ua, GioGGio, tu me si frat ossaje, veness co’ tutt’ o’ core,
ma ogg’ venCono e parient e mia mogliA ra Giugliano,
avimma arrostr’ e’ carcioffl ad aTTissimo livello!
Anzi, m’aggia movr c’aggia j a appripará la vracia,
sinnò muglierem’ scass’ o cazz’! Nun t’a pigliá a mmal!»
«Sciolt’ fratè, abbiamo ancora tutta la vita davanti!»
* * *
R.I.P. Bicienzo,
padre premuroso, marito fedele e onesto lavoratore,
morto per colpa di uno Stato che non lo ha tutelato.
Continuerai a proteggerci da lassù, come hai sempre saputo fare quando eri ancora qui tra noi.
Rimarrai x sempre nei nostri quori.
* * *
Vincenzo Adam Esposito (1985 – 2015)