Esizialesimo,  Umani Casi

In the pines.

You’ve caused me to weep,
you’ve caused me to mourn
You’ve caused me to lose my home

In the pines, canzone popolare statunitense

(no, non è di Kurt Cobain, forse il primo ad inciderla è stato il bluesman Leadbelly negli anni ’40,
ma ne esistono un miliardo di versioni diverse, è pur sempre una canzone popolare, cristo).

Se potessi, questa foto la intitolerei "The Pulse of Americana", come la playlist di Spotify, andatevela a sentire, pischelletti.
Se potessi, questa foto la intitolerei “The Pulse of Americana”, come la playlist di Spotify, andatevela a sentire, pischelletti.

Il senso di straniamento.

Quel limbo in cui ti trovi incasinato quando per un certo periodo di tempo sei così preso dalle cose da fare, dagli impegni, oppure così scazzato, che non ti informi più, non parli più con nessuno, non ti interessi più a nulla. Fai solo quello che devi fare. Magari lo fai anche bene. Ma fai solo quello.

L’alienazione.

Poi un bel giorno, osservi l’orizzonte, quando d’un tratto…

ti ricordi!

 

 

Esiste gente che viene pagata per maniare le zizze e sditalinare le scrofe. Per stimolarle e facilitarne l’inseminazione. Una scrofa arrapata è una scrofa fertile.

[youtube:https://www.youtube.com/watch?v=6q2wKhqdmmw]

“E la scrofa se steva!” (grosse citazionE)

 

Così sorrido in questa torrida notte estiva. Il sudore che si imperla sulla fronte mentre la mia mente vaga alla ricerca delle parole giuste.

Tutto sta nelle parole giuste al momento giusto, ragazzo, dice la parte di me che crede di aver capito qualcosa della vita alla parte di me che invece sa di non aver mai capito un cazzo.

 

Tutto ciò che si fa spazio, però, alla fine dei giochi, è una tremenda sete.

 

Apro il frigo. Tutto ciò che trovo per placare la sete orrenda che mi divora dentrrrrroooo è una fottutissima Peroni Chill.

Una.

Peroni.

Chill.

 

Una volta oltrepassati i drammi e i dubbi di tipo esistenziale-fatalistico (chi cazzo l’ha comprata? Perché? Sono stato io in un raptus di follia? Mi è spuntata una vagina sotto la barba? Fammi controllare un  attimo che la prevenzione è tutto),

 

decido con una scrollata di spalle di dare una simpatica sfumatura di limone alla mia gastrite. Sempre meglio di niente, in  fin dei conti. Eccolo il bruciore che mi fascia rassicurante l’esofago. Su certe cose puoi contare.

 

 

 

Che cazzo bevi roba gassata e acida se hai la gastrite, direte voi, miei piccoli amici?

 

 

Siamo animali votati all’autodistruzione vi risponderei se fossi il co-protagonista di un romanzo di Palahniuk

 

 

ma invece risponderò semplicemente Al Bano.

Si, Al Bano.
Si, Al Bano.

 

Preferivate cazzi miei? Andate a parlare con un adolescente qualsiasi allora, che qua c’abbiamo da lavorà.

 

 

La vita stessa è votata all’autodistruzione, pensavo in treno mentre Cosetta di fianco a me sputava pezzi di polmone sulla mia maglietta bianco sporco. Pensa ai cani che si suicidano mangiando cioccolata, ai salmoni che muoiono di sfinimento durante la stagione degli accoppiamenti solo per ritornare controcorrente ai fiumiciattoli dove sono nati, ai diabetici che mangiano lo zucchero col cucchiaino di nascosto, a me che bevo birra nonostante la gastrite.

 

 

 

 

Cosetta, già.

Sine, questa Cosetta qua

 

 

 

No, non si chiama veramente così, però insieme col primo pezzo di polmone che è volato sulla maglietta è stato il primo nome a balenarmi nella mente. Anche se è filologicamente sbagliato. Anche se Cosetta ne I miserabili non si ammala di tubercolosi e non sputa pezz-

 

Shhhhhhhhhhhh,

Ho detto Gerry. Scotti.

Ah no.

 

 

Al. Bano.

Mi so confuso.

 

L’avevo incontrata in università. Molto carina, nonostante il pallore e i tremori causati dal morbo della morte che si trascinava dietro. Aveva una braccialetto alla caviglia ed un paio di tette, di quelle che ti ipnotizzano se le guardi contemporaneamente.

Ricordai una cosa che un amico mi disse tanto tempo fa riguardo la donna perfetta.

Le contai le tette e divisi per due.

 

 

 

 

Il risultato NON era con la virgola.

 

 

 

 

Era davvero la donna perfetta.

 

 

Mentre raccoglievo la forza per chiederle di sposarmi, fu lei ad anticiparmi, con mio sommo stupore.

Con mia estrema delusione, però, non per chiedermi di sposarla.

«Scusami, sto morendo di tifo tisi (grazie, Rosaria) come l’eroina di un’opera in tre atti di Giuseppe Verdi librettata da Francesco Maria Piave tratta da un romanzo di Alexandre Dumas figlio, potresti accompagnarmi al treno? Non credo di farcela da sola.»

La mia natura cavallerizza da trovatore francese ebbe la meglio sull’odio innato che ho per l’opera lirica e per una certa letteratura strappalacrime d’oltralpe.

E fu così che mi ritrovai nel piccolo inferno su rotaie, che ondeggiava nella calura estiva, mentre una splendida fanciulla morente mi sputava sangue addosso.

Il Piccolo Inferno su Rotaie©
Il Piccolo Inferno su Rotaie©

Dalla coda del vagone aleggia un pastone pop-elettronico mediorientale sparato a volumi imbarazzanti dal cellulare di un muratore algerino che accenna timidiamente qualche passo di danza, cosa che fa a cazzotti (ma neanche troppo) con il pastone pop-elettronico neomelodico trasmesso dagli smartphone di due cuozzetielli napoletani in testa al treno, conciati come i Public Enemy ma che dei Public Enemy non tengono manco l’ogna (né il colore della pelle, nonostante il quantitativo patologico e cancerogeno di lampade a raggi UVA che si sono plausibilmente sparati addosso, donando loro piuttosto una catarifrangente tonalità arancio vivo).

Scontri di civiltà musicali in una culla d’acciaio che vaga per le terre di nessuno. E che nessuno si caca.

Nel frattempo Cosetta si è addormentata (o è svenuta) sulla mia spalla continuando ad espettorare muchi, sangue e tessuti spugnosi sulla mia maglietta, che ormai del bianco sporco ha solo lo sporco.

Guardo fuori dal finestrino

 

 

La vita stessa è votata all’autodistruzione e tutto il resto appresso che mi scoccio a scriverlo un’altra volta, penso, dimostrando la mia natura metaletteraria e fottendomene della quarta parete e delle unità di tempo aristoteliche (perché? perché vaffanculo, ecco perché!).

 

Anche noi siamo votati all’autodistruzione, Cosetta, non facciamo eccezione, vorrei stringerti mentre spiri nel tuo ultimo afflato vitale. Un eterno bacio d’amore e morte. Love and Death. Amor y Muerte, Eros e thanatos, Liebe und Tod.

Ma in fondo è solo perché mi annoio.

 

 Guardo fuori dal finestrino

 

sperando che questo viaggio non sia ulteriormente decorato da tradizioni tipiche del nostro inferno su rotaie: spero che nessuno lanci pietre contro i finestrini , nessuno si accoltelli per una questione di donne e nessuno accoltelli il controllore.

 

 

Mi sento vecchio pensando che un tempo questo era un posto tranquillo.

Tranquillo il cazzo, penso, e guarisco dalla vecchiamma, svecchiando all’istante. Mi resta giusto una ciocca di capelli bianchi.

 

 

Il treno arriva alla mia stazione, mi scrollo Cosetta di dosso e le restituisco qualche grumo di sangue, che magari se lo vuole tenere per ricordo. Lei mi ringrazia e mi dice che sono dolcissimo. Mi lascia il suo numero e mi sfiora la guancia con le labbra, mentre un colpo di tosse innaffia le mie orecchie di muchi e sangue.

 

 

Lil’ girl, lil’ girl where will you go
I’m going where the cold wind blows
In the pines, in the pines
where the sun never shines
I’ll shiver the whole night through.

–sempre quel pezzo là. Questa versione mi piace assai

Ogni tanto ti ripenso, Cosetta. Mi chiedo se sei arrivata viva a casa. Penso al nostro viaggio con la tua guancia sul mio petto. Penso a tutto quel che immaginavo. A tutto quello che progettavo per noi. Quello che potevamo essere, Cosetta. Due cuori nella nebbia della valle. Due anime intrecciate nel profondo abbraccio di Sorella Morte.

 

Penso a tutto quello che sei riuscita a donarmi…

Un numero di telefono sbagliato e una cazzo di bronchite in pieno luglio.

 

 

 

 

‘A fess e mammt, Cosè.

Nell'affresco sono una delle figure di sfondo. Talvolta scrivo stronzate. Le altre volte non scrivo affatto. Nel tempo libero faccio la napoletana a coppe nei tornei di tressette. ll resto del tempo sono un Dostoevskij turbosexy dai capezzoli roventi.

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