Esizialesimo

Il Calypso dell’Allegoria.

Calypso
Giustappunto (art by Marubad).

 

#Calipso è una Dea del Mare,

Immortale, bellissima, disinibita, riservata, birichina, sottomessa, morbida e pulita: chiamare al +393281660051 chiedendo di “Anna”,  solo nelle ore di scuola che col criaturo a casa non è cosa, LaMMerda si tiene pure un cazzo in culo (tutto mamma sua 💕) ma una parola mai!

Su prenotazione si effettuano depilazioni, aborti, consulenze finanziarie, revisioni di articoli scientifici e pizze fritte, ma solo nel fine settimana.

Leggenda narra che si innamorò di Ulisse, il quale dopo essersela spassata per sette anni, rifiutò l’immortalità e andò a piangere dalla Signora Maestra Atena perché Calipso non lo faceva ascì, ma lui se ne voleva tornare ad Itaca, da quella vecchia cuperta intesechita di Penelope, che certamente gli era stata fedele, preferendo fare la cazetta piuttosto che cedere alle lusinghe dei numerosi pretendenti.

Noi facciamo finta di crederci, perché è ciò che ci racconta Omero ne L’Odissea.

Omero, uno che non si sa nemmeno se sia esistito veramente. Per quanto ne sappiamo, poteva essere anche solo un intercalare usato quando tramandavano oralmente i pettegolezzi  finito per essere poi considerato come il nome dell’autore quando le hanno raccolte in forma scritta.

O forse era una specie di hashtag con il quale si categorizzavano i contenuti: se trovavi scritto alla fine di un testo “Omero” sapevi già che si trattava di un particolare tipo di poema epico, esattamente come succede oggi sui siti porno.

Per quello che me ne fotte, potrebbe benissimo essere Liberato tornato indietro nel tempo, ma se proprio me lo chiedete (e so che morite dalla voglia di farlo), in quanto avente diritto alla mia opinione non supportata da evidenze minimamente valide, affermo con inusitata certezza che Omero è il nome d’arte di una buciarda cretina (pure se è maschio), tra la quarantina e +∞, cresciuta a pane integrale di segale, romanzi Harmony e “Tempesta d’Amore”, i cui riferimenti culturali più elevati sono Gigliola Cinquetti e La Principessa Sissi (volevo scrivere “Il Piccolo Principe”, solo che da quando s’è saputo che è il libro preferito di Virginia Raggi e Alberto Stasi, è un po’ troppo inflazionato).

Essa vive a Fiesole, ma ama molto Capri, perché c’è il mare. Fine biografia.

Per intenderci, è una di quelle petulanti frangipalle alla quale non rispondono più nemmeno i gatti castrati quando li chiama per la pappa, preferendo essi morire di stenti o andarsi a tuffare nella friggitrice del più vicino ristorante con coniglio a menù, piuttosto che continuare a sentirla.

Essendo sola e vuota, si votta a fare qualsiasi cosa per coprire lo scalpiccio della Morte che si avvicina:

La perpetua; la promoter; la mamma a tempo pieno (pure se è zitella); la sceneggiatrice di fiction Rai; la porta della ragazza accanto; la naturopata; l’insegnante di islandese ai bambini sfortunati di avere lei come insegnante (pur padroneggiando solo l’astigiano e la lingua farfallina); la ragazza del Coyote Ugly; la levatrice; la supertestimone di quassiasicosa; l’esperto che dice cose negli articoli scritti con pressapochismo ed inevitabilmente, siccome per disgrazia legge e scrive, finisce a fare anche l’autrice che da voce alle odissee quotidiane delle giovani donne/uome/cane/vecchie protagoniste del loro tempo e dilapidatrici del nostro.

Ha un discreto successo, perché come lei ce ne sono diverse ed è noto alla Scienza che i simili si supportano ed incoraggiano per associazionismo darwiniano (“Amoreee! Ma sei bravissimaaa, a quando un manoscritto?”), concetto elegantemente reso dall’espressione “merda e merda fa scopa”.

Praticamente parlo di vostra zia o di voi tra pochi anni, pure se siete maschio.

Se c’è qualcuno che sta già prendendo la rincorsa per rinfacciarmi che l’Odissea c’ha millantasette anni, quindi ho scritto un vaniloquio paradossale, pieno di banali clichés, imprecisioni e riprovevole misoginia, non posso che dirgli:

 

 

VAFFANCULO!

 

 

 

 

Adesso sai come ci si sente dopo un film di merda con più incoerenze interne che trama, senza potersi nemmeno lamentare altrimenti gli amici dicono che sei pesante “E mangiatella n’emozione! Era un film senza pretese, per stare insieme, fare una cosa diversa e passare il tempo!”

Siccome sono una persona matura, ammetto che potrei sbagliarmi e che Omero sia realmente chi ci raccontano sia stato: un cantore cieco che piaceva alla femmine, probabilmente perché, non vedendole, diceva a tutte che erano bellissime. Sai quanta pecore zoppe gli hanno rifilato presentandogliele come “Le più calde del Peloponneso”?

Va a finire che Calipso era una raccomandata figlia di divinità, affascinante come un pedalo’ incrostato di cozze e merda, psicopatica e pure campionessa olimpionica di cacatura di cazzo, mentre Penelope – seppur un po’ andante – ancora ci dava malamente ‘nfaccia coi movimenti d’anca senza causare il vomito o abboffare le palle e che quindi, quel povero Ulisse, si era fatto sette anni da incubo à la Misery non deve morire”.

Non si può escludere comunque che Calipso non fosse né cacacazzi, né sicchio dello spuorco lasciato sul balcone tutto Agosto, ma che la sua fosse una bellezza eterea, di cristallo, fredda e sterile pertanto incomp- vabbuo’, diciamolo:

forse non sapeva fare i bucchini.

Penelope dal canto suo, con tutto il vuccularo e le zizze appese, faceva ancora le meglio purpette al sugo da Itaca fino a Le Colonne d’Ercole e le sue mani esperte davano vita a tortani e pastiere che lasciavano navigare al massimo fino al divano, dal quale poi non ti rialzavi nemmanco col caffè corretto al tritolo, inoltre – ci tengo a dirlo a voi bambini che ci seguite da casa – giochi d’acqua, mulinelli, gorghi e risucchi tali da mettere a figura di merda sia Cariddi che Cytherea.

Certo è che con tutti questi esseri mitologici in grado di mutare forma a piacimento o trasformare, al minimo capriccio, chiunque in arbusto, animale o D’Alema, la vita sessuale doveva essere davvero confusa. Come si stabiliva il sesso di una divinità se questa poteva cambiarlo a proprio piacimento? Erano il prototipo perfetto di pansessuale, il sogno utopico di ogni transgender o unique snowflakes!

Per carità, non si scomodino lor signori del Moige o il Ministro Fontana nel venirmi a rinfacciare di star piegando i miti greci alla fantomatica “teoria del gender” per supportare i diritti – contro natura – delle comunità LGBT, volti a minare i valori della famiglia, traviare i minori e ad estinguere la specie.

Davvero, ho cose più importanti da fare che tirarmi le tarantelle coi redneck ripuliti, tipo cercare di far evaporare tutta l’acqua nella tazza del cesso soffiandoci sopra.

Bisogna ammettere però, che le situazioni potevano frizzantemente precipitare dalla sera alla mattina:

Ti addormentavi con ancora la guancia poggiata sul Monte di Venere di Artemide, pensando di aver preso un terno al lotto, per poi svegliarti mentre una mano ti accarezzava vigorosamente la testa e una voce tuonava “Sei stato fantastico questa notte, Minkyòs”, alzavi lo sguardo e c’era un Ron Jeremy ancora più puorco che ti sorrideva lascivo: Zeus, che dopo essersi fatto toro per ingallarsi Europa, cigno per stuprarsi Leda e pioggia dorata per impollinare Danae, in preda alla noia aveva deciso di voler provare quel friccico ner culo, con te.

E tu ti dovevi stare,
che quelli per uno sguardo storto ti trasformavano in un cespo di scarola, poi gli autori del tempo ci avrebbero scritto una fabula e, migliaia di anni dopo, ci avrebbero dovuto buttare il sangue fanciulli innocenti, durante i compiti in classe di latino o greco.

Ma basta con questi miti, che Nessuno se ne fotte più dei Greci da quando vinsero gli europei o andarono in default.

(Questa è brutta veramente assai, ma chi non conosce l’aspro del limone, mai apprezzerà il dolce del miele.)

#Il Calypso è pure un genere musicale caraibico,

per questo motivo non me n’è mai futtuto ‘nu cazzo.

Sbagliavo.

Il Calypso degli inizi veniva persino censurato per i forti contenuti politici e di protesta. Divenne famoso grazie a Henry Belafonte, che ne fece una variante commerciale un po’ più annacquata e politically correct che piaceva pure a Puffo Brontolone e per pochissimo non è stata trasmessa da TV2000 al posto del sacro rosario da Lourdes.

 

Le foto da schiaffi con "sguardo triste di lato" già esistevano.
Le foto da schiaffi con “sguardo triste di lato” già esistevano.

 

Meglio ascoltare “Calypso Melody” di Johnny Dorelli, che almeno mi ricorda quando me la cantava mia mamma perché ero febbricitante, alternandola a “La domenica andando alla messa” della Cinquetti. Gli unici modi per farmi smettere di piangere quando finiva “Sissi – La giovane imperatrice” su Raidue, proprio come mi è successo sabato scorso.

Ad ogni modo, seppure abbia disinnescato il potenziale rivoluzionario di un intero genere musicale, non si può non amare Belafonte, perché è una bravissina persona, sempre in prima linea per difendere i diritti umani e soprattutto

Shake, shake, shake, Senora,
shake your body line!
Shake, shake, shake, Senora,
shake it all the time!

 

#”Calypso” è pure il nome che si affibbia a personaggi,

creme per il corpo, centri benessere o surgelati a base di pesce di pessima qualità, quando hanno a che fare con l’acqua e si ha poca fantasia, come in Pirati Dei Caraibi 3 o 4.

Contrariamente all’ovvio, la cosa non mi infastidisce.

Se in una storia c’hai una “Signora del Mare”, effettivamente non la chiami “Anna” (che invece voi potete chiamare al +393281660051, le linee sono libere!), a meno che per “Signora del Mare” non intendiate una “Domina dei flutti”, ma proprio la Signora Anna di Arienzo, quella dell’ombrellone di fianco, che da 12 anni vi vuole presentare sua nipote, Anna.

Tanto una cara ragazza! Affettuosa, riservata e pulita, solo che sta sempre un poco troppo al telefono e se le chiedi con chi, risponde sempre “Nessuno”.

 

 

 

Digita # 0 6 9 * per parlare con Anna!
Digita # 0 6 9 * per parlare con Anna!

 

 

#L’allegoria invece è… non l’ho mai capito troppo bene.

Dovrebbe essere la figura retorica in base alla quale interpretare i testi sacri (quando non conviene farlo in senso letterale), ma non sono sicuro, perché non capisco mai se nei testi sacri sono seri o stanno solo scherzando.

Sicuramente è quella cosa curiosa che, insieme ai terzetti di endecasillabi e ad anni ed anni di ultime due ore, va a comporre l’Inferno su carta conosciuto come “Divina Commedia”. 

Che non era poi affatto male, almeno “L’Inferno“, perché al Purgatorio m’ero già scassato il cazzo e al Paradiso non ci siamo mai arrivati, essendo indietro col programma come il 95% degli studenti italiani di quegli anni.

Il verso preferito di un noto personaggio politico-religioso, il DiBBa, è:

«E quindi uscimmo a riveder le stelle.» (Inferno XXXIV, v. 139)

Perché decontestualizzandolo è facilmente spendibile a fin di marketing.

Il verso preferito di Roberto Benigni invece è qualsiasi verso gli permetta di continuare a lavorare, mentre a tantissimi piace il Canto I dell’Inferno, perché è l’unico che si ricordano e presta il fianco alle battute sporche sulla selva oscura.

Il mio preferito invece, per la sua immediatezza, è questo qua:

«ed elli avea del cul fatto trombetta.» (Inferno XXI, v. 139)

L’idea che mi sono fatto in base al poco che ho letto e che ricordo, è che Dante fosse l’equivalente di un erudito bullo da tastiera, un po’ ossessivo ma che aveva studiato e sapeva scrivere molto bene: inseriva continuamente zeppate contro coloro che disprezzava, come per esempio fece con Filippo Argenti, che gli era sempre stato sul cazzo già da prima che ci litigasse e prendesse gli schiaffi. Io me lo figuro durante l’esilio (che senza Netflix e social doveva essere una situazione VERAMENTE spiacevole) che schiumava con la lingua tra i denti, scrivendo male del suo nemico, compiacendosi mentre pensava tra sé e sé:

«Ora vedi cosa ti combino! Ahahah! Merda sei e nella merda devi affogare! MERDA!!!11!»

Se, malauguratamente, volessimo adeguarlo agli stilemi odierni, potremmo puntare o su chiari insulti a schiovere senza punteggiatura, su frasi fatte come “Tanti nemici, tanto onore” oppure in maniera più elegante e sottile su esternazioni del genere:

 

 

Filippo Argenti mi ai popio deluso!!!
Filippo Argenti mi ai popio deluso!!!

Ad ogni momento storico le sue forme espressive.

Di grossa potenza evocativa e sempre attualissima anche la sua magistrale descrizione del secondo girone del VI cerchio, nella quale gli scialacquatori sono inseguiti e dilaniati da cagne che latrano (riporto a memoria):

 

 

 

Portami all’Ikea!

Non tengo niente da mettermi!

Voglio andare da Zara!

Non andiamo mai da nessuna parte!

Che cosa sono io per te?

Non mi porti più a cena fuori!

Fosse una volta che mi fai una sorpresa!

Ho voglia di parlare, di’ qualcosa!

 suicidi e scialacquatori

* * *

«Si, ma qual è il punto? Dove vuoi arrivare? Perché hai rubato del prezioso tempo alla mia vita, che potevo spendere scrollando la home?»

ti starai chiedendo, o piccolo amico lettore, e in verità ti dico che me lo sto chiedendo pur’io.

Che questo pietoso epilogo ti sia di insegnamento:

Questo è ciò che accade a chi comincia a scrivere qualcosa nel 2016 e lo termina nel 2018 avendo lasciato al se stesso del futuro solo incomprensibili appunti su notepad.

Ricorda: quando cominci l’opera, terminala prima che cominci a puzzare, anche se ciò significa riagganciare e perdere la priorità acquisita quando stai chiamando Anna.

 

 

Capace in cucina, passabile in corridoio, imbattibile sul divano. Accompagnatore indefesso, paziente ascoltatore, oratore discreto e supereroe nella norma. L'autoironia mi ha reso tripolare ed ora non distinguo più la realtà dalla realtà dalla realtà. ̶A̶h̶,̶ ̶h̶o̶ ̶i̶ ̶c̶a̶p̶e̶l̶l̶i̶ ̶c̶h̶e̶ ̶p̶i̶a̶c̶c̶i̶o̶n̶o̶. Faccio il disadattato part-time, ma nel tempo libero mi dedico al volontariato e cerco di aiutare la mia depressione.

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