Anacronistica – Una Storia D’Amore.
Alessandria d’Egitto, 50 a.c.
Il sole sta tramontando sulla cosmopolita città, ancora brulicante di vita.
Una brezza spira da ovest verso la costa, increspando appena la superficie del mare che, giocando con gli ultimi raggi di sole, crea mesmerici luccichii.
Porta con sé gli odori salmastri del Mediterraneo che vanno mescolandosi ai profumi dei semi di sesamo, del cilantro fresco, dell’acqua di rose e del raù, tipici della cucina locale, mentre i gabbiani ancora strillano nei cieli e inseguono, instancabili come cyborg, le martoriate tortore.Un pescatore, nella sua varchetella, cala le nasse a mare e canta:
Sicuramente non è oriundo.
Gli uomini rincasano dopo il duro lavoro nei campi, in mare, in biblioteca o in un parcheggio. Tra di loro c’è Vasile, muratore della Dacia, che, incamminatosi verso la sua umile dimora, lascia il pensier suo volare alla moglie e ai figli lontani.
Pensa a quando metterà da parte abbastanza pezzi da otto per poter finalmente tornare a Costeşti e riabbracciarli.
Pensa anche che sarebbe il caso di smetterla di fare “offerte” a quella sacerdotessa di Iside, perché, la sporca, gli sta svuotando costantemente anche il portafogli.
Pensa che quindi è meglio optare per un solipsistico pescimmano, almeno stasera.Sull’isoletta di Faro già si sente il pungente odore di nafta, trasportata dagli addetti al faro, ormai prossimo all’accensione. Sotto l’imponente statua di Zeus o Poseidone, più tardi sostituita da quella di Helios (Mi avete sgamato! Copiavo da wikipedia, mannaggiasantella!) DJ TeofrastoK e Aristarco “Peppe” DJ fanno il soundcheck e si preparano per la seratona che li vedrà sfidarsi, a colpi di brani revival anni ’80, nel contest di silent disco bisettimanale.
Dai vicoli del porto si ode la voce di una donna amorevole che chiama il suo gatto:
«Miao! Smettila di correre dietro a mio figlio e vieni, la cena è pronta!»
«Frrrrrr! Miao! Frrrrrr! Puuurrrgnao!» – Disse il gatto.
«Mamma, posso avere qualcosina anche io?» – Disse il figlio.
«Certo Klitennestro, le tue teste di pesce sono lì a terra nella scodella, ma leva le zampe dal tavolo, sennò m’incazzo!» – Disse la mamma.